L'errore che abbiamo fatto almeno una volta: identificarci con il passato

Ti è mai capitato di restare intrappolato nei pensieri sul passato? In questo articolo condivido come ho imparato, grazie a "Il potere di adesso" di Eckhart Tolle, a trasformare il dolore in consapevolezza e presenza.

Fabiana Cassani

9/24/20254 min read

a woman in a blue sweater and headphones on a bed
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Ti è mai capitato di ritrovarti a letto con la testa che gira in loop, come quando cerchi di imparare una canzone in inglese a memoria sperando di cantarla con una pronuncia decente?
Ecco, a me è successo. Anzi, per molto tempo l’ho accettato come se fosse la normalità.

Passavo ore – e non esagero – a rivivere momenti del mio passato, soprattutto quelli dolorosi. Continuavo a rimuginare sugli errori, sulle occasioni mancate, sulle parole non dette o dette con rabbia, su quelle situazioni che avrei potuto gestire diversamente. A volte mi capitava di pensare persino a discussioni di anni prima, cercando mentalmente risposte che non avrebbero mai cambiato ciò che era accaduto.

Era come se avessi messo la mia vita in “pausa” e la mente continuasse a premere “rewind”. La cosa assurda è che in fondo speravo che ripassare in rassegna tutto quel dolore potesse in qualche modo portarmi pace, come se analizzarlo cento volte fosse la chiave per guarire. In realtà non facevo altro che alimentare la frustrazione e il senso di colpa, ma, soprattutto, restare ferma.

Il tranello del "E se...?"

Forse questa fase ti suonerà familiare:

“E se avessi fatto quella scelta invece di quell’altra?”
“E se avessi avuto più coraggio?”
“E se avessi detto di no?”

Quel famoso “e se” è una trappola subdola: ti dà l’illusione di essere ancora in controllo di ciò che ormai appartiene al passato. Ma il passato, per definizione, non lo possiamo cambiare. Restarci attaccati è come continuare a leggere sempre la stessa pagina di un libro: a un certo punto non vai avanti, e ti perdi tutta la storia che viene dopo.

Io questo errore l’ho commesso tante volte. Non parlo solo delle relazioni sentimentali, ma anche di occasioni mancate, scelte di vita che avrei potuto intraprendere ma non ho avuto il coraggio di fare. Ogni volta mi sentivo come in una stanza piena di porte: tutte chiuse, e io senza la forza di aprirne nemmeno una.

La svolta.

Poi un giorno, mi sono ritrovata tra le mani un libro che conoscevo di nome per il tanto parlarne sui social, ma che non avevo mai preso davvero in considerazione: Il potere di adesso di Eckhart Tolle.

All’inizio ero scettica. Pensavo: “Ecco l’ennesimo libro motivazionale che mi dirà di pensare positivo e tutto si aggiusta.” Invece no. Più leggevo, più mi accorgevo che parlava esattamente di ciò che stavo vivendo.

Eckhart Tolle spiega che uno dei motivi principali per cui soffriamo è proprio questo: ci identifichiamo con la nostra mente, con il nostro ego, con le parole e le storie che ci raccontiamo e a cui decidiamo di credere, soprattutto quelle riferite al passato. Non è il dolore in sé a farci stare male, ma il fatto che continuiamo a rigiocarlo nella testa, come se fosse un film che non vogliamo smettere di guardare.

E la soluzione? Non combattere il dolore. Non ignorarlo. Non riempirci di distrazioni per far finta che non esista. Ma accettarlo. Fare “luce” su di esso, come dice l'autore. Guardarlo con presenza, senza giudizio.

Accettare, invece di combattere.

Quando ho letto quella frase – “fare luce sul dolore” – ho sentito qualcosa dentro di me sbloccarsi.
Mi sono resa conto che per anni avevo tentato di combattere i miei pensieri negativi come se fossero nemici. Ogni volta che riaffiorava un ricordo ingombrante, cercavo di scacciarlo, ma così facendo gli davo ancora più forza.

Accettare non significa rassegnarsi. Non significa dire: “Ok, va bene così, non posso cambiare nulla.”
Accettare significa osservare. Fermarsi un attimo, respirare e dire a sé stessi: “Sì, questo dolore c’è. Sì, fa male. Ma io non sono il mio dolore.”

Ed è proprio questo il punto: noi non siamo il nostro passato.

La libertà nel presente.

Quando ho cominciato a mettere in pratica questa forma di presenza descritta nel libro, è come se avessi tolto un peso enorme dalle spalle. Non che il dolore sia magicamente scomparso dall’oggi al domani, ma ha iniziato a perdere il potere che aveva su di me.

Vivere il presente non significa dimenticare ciò che è accaduto, ma riconoscere che il momento che conta davvero è questo, qui e ora. È l’unico spazio reale in cui possiamo agire, amare, creare, cambiare.

È incredibile come una verità così semplice sia anche così difficile da mettere in pratica. Eppure, più la vivi, più diventa naturale. E quando inizi a farlo, ti rendi conto che il passato smette di essere una prigione e diventa un maestro.

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E se provassi anche tu?

So che non è facile. E forse anche tu, leggendo queste parole, stai pensando: “Bella teoria, ma nella pratica?”
E ti capisco, perché l’ho pensato anch’io. Ma il punto non è arrivare a vivere sempre e solo nel presente come se fossimo illuminati. È iniziare, passo dopo passo.

Puoi farlo anche ora: fermati un momento, fai un respiro profondo, chiudi gli occhi e presta attenzione al tuo corpo e all'energia o vibrazione che emana. Puoi anche non sentire chissà che cosa, ma in questo modo stai già coltivando la presenza. Senza giudizio, senza pensare a ieri o a domani. Solo questo istante. È poco? Forse. Ma è l’inizio di un cambiamento enorme.

Un invito per te.

Se queste riflessioni ti hanno parlato, mi farebbe piacere continuare questo dialogo insieme.


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Alla prossima

Con affetto Fabiana 🥰

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